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Berlino, islamista iracheno ucciso per strada dalla polizia. Ecco cosa è successo.

Cronaca nera a Berlino. Purtroppo – per coincidenza – quello del 31enne britannico ucciso l’altro ieri a Neukoelln con un colpo di pistola (qui la news) non è stato un caso isolato. Prova ne è il brutto risveglio la mattina del 17 settembre scorso per gli abitanti di Heerstraße, zona Spandau di Berlino: un «pazzo armato di coltello» si aggirava per la strada, inducendo gli attoniti testimoni a chiamare le forze dell’ordine. All’arrivo delle prime volanti, l’uomo si scagliava contro un’agente ferendola gravemente e costringendo l’altro poliziotto a fare fuoco. La donna, ricoverata d’urgenza con un elicottero, è ormai fuori pericolo, ma per l’aggressore non c’è stato nulla da fare: è morto prima che l’ambulanza arrivasse in ospedale.

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L’uomo, un iracheno di 41 anni, si chiamava Rafik Mohamad Yousef ed era già noto alla giustizia tedesca. Come riporta la Berliner Morgenpost nel 2008 era stato condannato dall’Oberlandesgericht di Stoccarda a otto anni per aver pianificato, con la collaborazione di due complici, un attentato all’allora primo ministro iracheno Iyad Allawi, che i tre avrebbero dovuto compiere in occasione di una sua visita in Germania nel 2004. L’azione era legata al gruppo terroristico Ansar-al-Islam, vicino ad Al Qaeda.

Yousef era dal marzo 2013 in libertà vigilata e indossava una cavigliera elettronica, di cui si è sbarazzato poco prima dell’attacco di giovedì scorso. Il senatore per gli Interni e lo Sport del Land Berlin, Frank Henkel (CDU), ha dichiarato che è ancora presto per stabilire se si tratti del gesto sconsiderato di un folle o di un atto terroristico organizzato e premeditato. Gli inquirenti stanno setacciando l’appartamento dell’uomo in cerca di prove che avvalorino l’una o l’altra tesi. Ciò che è certo, al momento, è che il 41enne iracheno era stato giudicato altamente aggressivo per via di numerose minacce rivolte a presunti trasgressori della fede islamica. Le autorità – spiega Henkel – avevano provato ad espellere l’uomo, ma il rimpatrio non era stato possibile: in Iraq, Yousef avrebbe infatti rischiato di andare incontro alla pena di morte.

 Photo: © Ana Paula Hirama CC BY SA 2.0